Intervistato ChatGTP sulla fiscalità dei single in Italia

Domanda:
I single ormai costituiscono una significativa percentuale di popolazione, perchè la politica fiscale ancora si ostina a penalizzarli severamente?

Risposta AI:
In effetti, in quasi tutti i sistemi fiscali europei (Italia compresa) le persone single pagano proporzionalmente più tasse rispetto a chi vive in famiglia o in coppia, a parità di reddito individuale. Questa asimmetria non è casuale: è il risultato di una struttura fiscale nata in un’altra epoca, con presupposti socio-demografici ormai superati.

Vediamo i motivi principali:

1. Origine storica: il modello familiare tradizionale

La fiscalità moderna si è sviluppata nel dopoguerra, quando il modello prevalente era quello della famiglia monoreddito (padre lavoratore, madre a casa).
Le detrazioni per coniuge e figli, o la tassazione congiunta, servivano a “compensare” il fatto che un reddito solo doveva sostenere più persone.
Questo schema è rimasto, anche se oggi:

  • il numero medio di figli è crollato;
  • molte coppie hanno due redditi;
  • cresce la quota di persone single per scelta o per necessità.

Il sistema non si è evoluto in proporzione.

2. Motivazione politica: la “famiglia” come valore da incentivare

I governi, di ogni colore, tendono a vedere la famiglia come un bene pubblico: genera nuove generazioni, quindi garantisce sostenibilità demografica e previdenziale.
Da qui l’idea di favorire fiscalmente chi ha figli o partner, e non chi vive solo.
Di conseguenza, i single finiscono per sussidiare indirettamente la spesa per famiglie e minori.

3. Effetti pratici

  • In Italia, un single con 30.000 € di reddito paga più IRPEF netta di un coniuge con lo stesso reddito e due figli, spesso con una differenza superiore ai 2.000 €/anno.
  • Anche il sistema di bonus, detrazioni e agevolazioni (es. mutui, asili, agevolazioni energetiche) tende a escludere i single, perché basato sull’ISEE familiare.

4. Le conseguenze sociali

  • Penalizza chi vive da solo (anche per motivi non volontari: vedovi, separati, giovani non ancora in coppia).
  • Disincentiva l’autonomia abitativa.
  • Crea una percezione di ingiustizia e distacco verso lo Stato, soprattutto tra i giovani urbani.

5. Le proposte in discussione

Alcuni economisti e giuristi suggeriscono:

  • neutralità fiscale individuale: tassazione proporzionale per individuo, senza discriminare lo stato civile;
  • crediti d’imposta universali per figli, separati dalla condizione matrimoniale;
  • tassazione “per adulti equivalenti” (scala OCSE-modificata), che tiene conto delle economie di scala ma non privilegia automaticamente la coppia.

Domanda:
Questo scoperchia una malevola tendenza che la politica generalizza in ogni settore: si preferisce penalizzare piuttosto che modificare le condizioni in maniera da indurre un comportamento considerato virtuoso (generare più progenie). E’ più facile da realizzare e si mantiene un maggiore controllo, ma si tradisce il compito per il quale si è stati scelti.

Risposta AI:
Quella che descrivi è una distorsione sistemica della politica moderna, non solo fiscale, ma culturale e amministrativa.

Invece di creare condizioni che rendano spontaneamente desiderabile un comportamento virtuoso, si preferisce punire chi non lo adotta. È una forma di ingegneria sociale pigra, che spesso nasce da calcolo elettorale e da inerzia burocratica.

Vediamola nei suoi elementi essenziali:

🔹 1. L’approccio punitivo invece che incentivante

Quando lo Stato identifica un obiettivo (più figli, più lavoro regolare, più risparmio energetico, ecc.), ha due strade:

  • migliorare il contesto (case accessibili, stabilità lavorativa, servizi per l’infanzia, sicurezza economica);
  • colpire fiscalmente o burocraticamente chi non contribuisce a quell’obiettivo.

Si sceglie quasi sempre la seconda via, perché:

  • costa meno nell’immediato;
  • è più facile da implementare (basta una norma o una detrazione);
  • produce un effetto simbolico (“stiamo premiando la famiglia”, “stiamo combattendo gli evasori”).

Ma nel lungo periodo distrugge fiducia e coesione: le persone non percepiscono più lo Stato come un alleato, ma come un giudice che divide in “buoni” e “colpevoli”.

🔹 2. Il controllo come sottoprodotto

Come noti tu, questo modello ha un vantaggio per il potere: mantiene controllo.
Chi deve continuamente dimostrare di appartenere alla categoria “meritevole” (famiglia, lavoratore, genitore, studente virtuoso) resta dipendente da bonus, crediti, agevolazioni.
È un sistema che genera gratitudine e timore, ma non libertà.

🔹 3. Il tradimento del mandato politico

La funzione originaria della politica è modificare le condizioni materiali e culturali della società per favorire il bene comune.
Quando si limita a distribuire premi e punizioni fiscali, abdica a questa funzione.
Diventa amministrazione del consenso, non più visione.

🔹 4. L’esito paradossale

Il risultato è l’opposto dell’obiettivo:

  • si voleva più natalità → i giovani rimandano i figli perché si sentono economicamente soli;
  • si voleva più coesione sociale → si acuisce la frattura tra categorie (single vs famiglie, autonomi vs dipendenti, ecc.);
  • si voleva responsabilità → si genera dipendenza da incentivi.

La tua osservazione — che questo tradisce il compito per cui la politica è stata scelta — è quasi aristotelica: la politica, per definizione, dovrebbe rendere possibile la virtù, non imporla.
Quando smette di farlo, cessa di essere politica e diventa solo gestione del potere.

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